PRENDERSI E LASCIARSI
di Livia Giovannetti
Ci sono tanti motivi per i quali le persone si scelgono per formare una coppia.
Le relazioni di coppia svolgono una
funzione di base sicura: il legame d’attaccamento al partner, che
negli adulti corrisponde alla sua vicinanza emotiva, è in grado di
regolare le emozioni e garantisce un senso di benessere psicologico.
La relazione dovrebbe essere quindi un rifugio sicuro, il punto di
approdo nei momenti di disagio. (Castellano, Velotti, Zavattini,
2010)
Ma una definizione del genere come può
collegarsi alle cosiddette relazioni “tira-e-molla”, relazioni in
cui i membri della coppia continuano a lasciarsi e rimettersi insieme
in un pattern ciclico che può durare anche parecchi anni.
Ma perché la gente continua a prendersi
e lasciarsi più e più volte?
Gli studi ci dimostrano che di norma le
persone NON tornano da un ex partner perché non sono riuscite a
trovare “di meglio”. Infatti i partner coinvolti in relazioni
cicliche non continuano a tornare insieme perché ritrovano una
migliore qualità in questa relazione, o una connessione emotiva più
soddisfacente; anzi, gli studi sul tema ci dimostrano che i pregi di
queste relazioni cicliche sono nettamente inferiori rispetto alle
relazioni non cicliche e meno efficaci nell’incontrare i bisogni
emotivi, relazionali e sessuali dell’altro (Dailey & Powell,
2017).
Inoltre le relazioni tira-e-molla,
rispetto alle relazioni più stabili, presentano una quantità
maggiore di aspettative negative, come ad esempio incertezza sulla
relazione e difficoltà a risolvere i conflitti, causate dai pattern
pre-stabiliti di interazione negativa. (Dailey et al., 2011)
È possibile che la paura di rimanere
da soli sia così forte da spingere le persone ad accontentarsi di
una relazione insoddisfacente, piuttosto che non averne nessuna?
Ovviamente pattern di
disconnessione/riconnessione del contatto affettivo sono tipici in
tutte le coppie: ciò che rende un rapporto di coppia funzionale non
è una condizione di eterna sintonia, ma la capacità di mantenere un
processo dinamico di equilibrio attraverso la riparazione e la
riconnessione emotiva; ciò è possibile anche grazie a esperienze
passate che hanno permesso all’individuo di vedere le relazioni con
gli altri come positive e riparabili in caso di piccole rotture.
Questo esperienze passate non sono sempre possibili, soprattutto
nelle persone che hanno avuto un legame con i genitori (o con chi ne
faceva le veci) che ha trasmesso loro insicurezza e angoscia verso le
rotture, invece che strategie efficaci per regolare i rapporti
interpersonali (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010).
Due individui, all’interno di una coppia, che abbiano alle spalle delle esperienze particolarmente discordanti che hanno portato ad avere diversi sistemi di valutazione, potrebbero essere soggetti a particolari difficoltà di comunicazione e sintonizzazione: le persone si scontrerebbero su diverse strategie che pur essendo funzionali per il singolo, non sono compatibili (Carli, Cavanna, Zavattini, 2009).
Queste differenze negli stili relazionali dei partner si riscontrerebbero anche nei ruoli che vengono assunti nel portare avanti la ciclicità del rapporto: per alcune coppie, un partner sarebbe più propenso a ricominciare la relazione, e l’altro accetterebbe; per altre, l’alternanza dei ruoli è molto più dinamica, e il partner che insegue e quello che fugge potrebbero essere ad ogni ciclo diversi.
Il problema starebbe quindi nel
“matching”: è possibile quindi che l’insicurezza e la
dipendenza di uno dei partner verso il legame attivi le strategie
difensive di distanziamento, provocate dall’ansia, dell’altro, in
costanti situazioni di rottura e interdipendenza, confermando ad ogni
giro le insicurezze di ognuno riguardo alla natura distruttiva dei
legami con gli altri. (Carli, Cavanna, Zavattini, 2009)
Le persone arrivano al limite e alla
rottura ma continuano a volersi bene e a immaginare come la relazione
potrebbe essere se l’altra persona comprendesse i loro bisogni e
avesse le loro stesse strategie relazionali; quindi si rincorrono, di
nuovo e di nuovo, in un ciclo costante.
Come uscire da questo ciclo?
Sarebbe fondamentale, innanzitutto,
soffermarsi inizialmente su un piano pratico: focalizzarsi non sugli
aspetti negativi dell’ennesima rottura, ma sugli aspetti positivi.
Una rottura non è solo sofferenza ma anche seme di rinascita e di
nuove possibilità più compatibili con i propri desideri e la
propria serenità.
A questo punto, si dovrebbe capire che
lo scontro di personalità e strategie relazionali, dopo l’ennesima
rottura, non sta portando al cambiamento nell’altro che si sperava.
Probabilmente, anche l’altro pensa la stessa cosa.
Ci si dovrebbe allora domandare come lo
stile relazionale che viene portato avanti influenzi il rapporto con
il partner. Cosa mi aspetto dagli altri? Come reagisco alle
situazioni di crisi? Quali sono le richieste degli altri alle quali
non riesco a rispondere?
Chiedersi come la propria storia
personale e le proprie strategie interpersonali influenzino la scelta
del partner e il modo in cui si vive la relazione è il primo passo
per uscire da cicli ripetitivi che, alla lunga, possono consumare
qualsiasi sentimento positivo e, ancora peggio, cementificare
aspettative e pregiudizi negativi verso i legami con gli altri.
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